Rinnovare dall’alto: tutto quello che c’è da sapere sulla ristrutturazione del tetto

di Alessandro Mezzina

Ristrutturazione del tetto: dall'identificazione delle esigenze alle soluzioni tecniche

Viaggio nel mondo della ristrutturazione del tetto: dall’identificazione delle esigenze alle soluzioni tecniche

Durante una tempesta, il suono della pioggia che batte sul tetto può essere rilassante. Questo suono, tuttavia, è un promemoria di quanto sia importante il tetto nel proteggere una casa. La manutenzione del tetto dovrebbe essere un’attività da svolgere regolarmente, ma proprio per la posizione difficile in cui si trova, spesso passano interi decenni senza che venga fatto alcun intervento.

Così capita spesso che i conti si presentino tutti insieme, di solito sotto forma di infiltrazioni. E quando succede è necessario intervenire tempestivamente. Ma non solo: bisogna intervenire con le giuste tecnologie, alle volte anche andando a modificare in modo radicale quelle presenti, per garantire non solo maggiore durata agli interventi ma anche migliori prestazioni dal punto di vista energetico. 

Da questo punto di vista il tetto è ancora uno degli elementi più deboli di un edificio. Infatti, sebbene da anni sia chiaro quanto è importante isolare gli edifici, le attenzioni si concentrano quasi sempre su muri perimetrali e sugli infissi, lasciando i tetti in secondo piano, con pochi o nulli isolamenti.

Ma è un dato di fatto che in inverno il calore si disperde prima dal tetto e in estate il sole lo trasforma in un enorme radiatore che spara costantemente aria calda. Sono situazioni che conoscono bene le persone che vivono agli ultimi piani di un condominio o che possiedono una mansarda. 

In questo articolo, ci concentreremo sulla ristrutturazione del tetto, una importante porzione dell’edificio: vedremo quali sono i degradi più diffusi, quali sono le tecniche di intervento e come deve essere isolato un tetto per garantire alte prestazioni sia in estate sia in inverno. Ma per addentrarsi in queste questioni è necessario affrontare prima un aspetto tutt’altro che secondario: cioè quali sono le tipologie di tetto su cui si dovrà intervenire.

Le tipologie di tetto più diffuse in Italia

Il motivo per cui è utile spendere qualche parola sulle tipologie costruttive dei tetti, banalmente è che le finiture di cui parleremo nei prossimi paragrafi sono spesso determinate dalla tipologia costruttiva. E nel corso dei millenni sono state messe a punto diverse tipologie di tetti, ognuna con le sue caratteristiche uniche e i suoi vantaggi. 

Nell’edilizia residenziale moderna italiana, cioè dal secondo dopoguerra in poi – periodo in cui sono state costruite la maggior parte delle case –  le tipologie costruttive più diffuse sono sostanzialmente due: il tetto a falde e il tetto piano. Il primo è detto tetto continuo e il secondo tetto discontinuo.

Chiaramente queste tipologie sono legate alle specifiche caratteristiche climatiche: il clima con maggiori precipitazioni del nord Italia ha portato in quest’area un maggiore utilizzo di tetti a falda; mentre il clima più soleggiato e asciutto del sud, ha portato a una maggiore diffusione dei tetti piani. Anche se oggettivamente al giorno d’oggi è possibile trovare indifferentemente entrambi i tipi di tetto in tutta Italia.

Approfondiamoli. 

I tetti a falda

Ristrutturazione del tetto: il tetto a falda

I tetti a falda sono una vista comune in molte parti del mondo, particolarmente in quelle regioni che vedono una buona quantità di precipitazioni. Il design inclinato di un tetto a falda ha essenzialmente un obiettivo pratico: facilita lo scorrimento dell’acqua, prevenendone l’accumulo e i potenziali danni che possono derivare da esso.

Quando i climi sono particolarmente rigidi e alle precipitazioni piovose si sostituiscono le precipitazioni nevose, l’inclinazione delle falde aumenta per consentire alla neve, più compatta e pesante della pioggia, di scivolare senza compromettere la stabilità e la sicurezza degli edifici.

A partire dalla seconda metà del secolo scorso i tetti a falda hanno cominciato a essere realizzati con solai in laterocemento, ma fino ad allora sono stati realizzati principalmente in legno e anche successivamente non è raro trovare moderni edifici in calcestruzzo con tetti in legno tradizionali. 

I sistemi costruttivi in legno più diffusi sono il tetto alla piemontese e il tetto alla lombarda (o alla romana).

Tetto alla piemontese

Tetto alla piemontese
SEQ Figura \* ARABIC 1 http://rilievo.stereofot.it/studenti/aa05/esposito/falde1.htm

Il tetto alla piemontese prevede, oltre ai due muri perimetrali, la presenza di un muro di spina centrale (parallelo a quelli perimetrali), in corrispondenza della parte più alta del tetto (il cosiddetto colmo). 

Perpendicolarmente a questi muri sono posizionate delle travi inclinate dette falsi puntoni. Al di sopra vengono posizionati, questa volta parallelamente ai muri, gli arcarecci, travetti più piccoli sui quali si possono installare tavolati o ancorare direttamente le tegole. 

Una variante comune è sostituire il muro di spina centrale con una trave posata su pilastri.

Tetto alla lombarda

Tetto alla lombarda
2 https://aertetto.it/tetto-alla-lombarda-struttura-portante/#gref

Il tetto alla lombarda invece ha uno schema statico differente: nella loro conformazione originaria, la funzione portante principale non viene svolta dai muri paralleli alle falde, ma da muri trasversali ad esse, la cui parte superiore è sagomata a triangolo.

Questi muri sono realizzati a una distanza abbastanza ravvicinata (4-5m) e sopra di loro vengono posizionati gli arcarecci (o terzere): dei travetti di legno di collegamento. Al di sopra la finitura è come quella del tetto alla piemontese: o viene realizzato un tavolato o vengono montate direttamente le tegole.

Una variante molto nota di questa tipologia di tetto è quello che sostituisce i muri trasversali con delle capriate lignee. In questo modo viene anche modificato lo schema statico in quanto i muri laterali tornano a svolgere funzione portante. Come conseguenza si libera spazio internamente, in quanto non sono necessari muri trasversali o di spina.

Tetti a falde moderni

 

Tetti a falde moderni
EQ Figura \* ARABIC 3 https://www.tetto360.it/blog/tipi-di-coperture-per-tetto/

Come abbiamo già detto, al giorno d’oggi, nonostante ci sia una importante riscoperta di questi sistemi tradizionali, le strutture dei tetti si realizzano con materiali e tecnologie molto diverse: il più diffuso è sicuramente il laterocemento, ma anche solette in calcestruzzo armato piene o tetti con telai in acciaio.

I pregi di questi sistemi costruttivi sono la rapidità e semplicità di realizzazione, i minori costi e la possibilità di realizzare tetti con dimensioni maggiori. Anche se si perde molto in termini di sostenibilità, tema che sta diventando di primaria importanza al giorno d’oggi.

Tetti piani

Tetti piani

I tetti piani sono continui, cioè la copertura non viene divisa in due o più piani inclinati, ma è un unico piano orizzontale. Anche se credere che siano totalmente piani è un errore: viene sempre creata, sulla parte superiore del tetto, una leggera pendenza di almeno l’1% per poter smaltire l’acqua, che altrimenti si accumulerebbe creando potenziali problemi. Questa pendenza in ogni caso solitamente non viene realizzata inclinando il solaio, ma realizzando sopra di esso un massetto sagomato.

Dal punto di vista strutturale i tetti piani non sono altro che dei normali solai posizionati a copertura dell’edificio, invece che a divisione dei vari piani. Anche la struttura dei tetti piani per lungo tempo è stata realizzata in legno: delle travi venivano infisse nella muratura perimetrale, e al di sopra veniva realizzato un tavolato ricoperto dai necessari strati di protezione e impermeabilizzazione.

Da molti decenni però il settore delle costruzioni ha abbandonato il legno per orientarsi verso i solai in laterocemento (o similari) e in travi di acciaio con sovrapposta lamiera grecata e soletta in calcestruzzo.

Cosa c’è sopra la struttura del tetto? Gli strati di finitura

Distinguere tra tetto piano e tetto a falda è stato importante in quanto gli strati di finitura differiscono in modo sostanziale tra le due tipologie, particolare che influisce anche sulla ristrutturazione del tetto.

Ricordiamoci che il primo compito di un tetto è quello di proteggere dagli agenti atmosferici. E quello che richiede maggiore attenzione è senza dubbio l’acqua. Senza un’adeguata impermeabilizzazione il tetto non servirebbe a niente: l’acqua riuscirebbe a penetrare sia attraverso i tavolati sia attraverso i solai in laterocemento, non solo facendo piovere in casa, ma anche degradando in modo irreversibile le strutture.

Ecco che è fondamentale impermeabilizzare i tetti. Ma i sistemi di impermeabilizzazione di un tetto a falde e di un tetto piano possono essere diversi.

Impermeabilizzare un tetto a falde

Impermeabilizzazione di un tetto a falde

Può sembrare incredibile ma nell’edilizia tradizionale l’impermeabilizzazione dei tetti a falde, come la intendiamo al giorno d’oggi, semplicemente non esiste. Questo ruolo, infatti, viene svolto in modo efficace dalle tegole.

Il materiale principale con cui vengono realizzate le tegole è l’argilla, e sono realizzate in modo che tale argilla sia impermeabile, quindi che non fa penetrare l’acqua. Le tipologie di tegole più diffuse sono i coppi e le marsigliesi: entrambi prevedono un sistema di posa che fa scorrere l’acqua da una tegola all’altra impedendole di penetrare al di sotto. Quindi mantenendo sostanzialmente asciutto la parte inferiore del tetto.

Altri materiali utilizzati per le tegole sono i conglomerati bituminosi (asfalto, assolutamente impermeabile) e le lastre di ardesia (pietra impermeabile).

Impermeabilizzazione di un tetto piano

Per i tetti piani la situazione è differente: abbiamo detto che sopra il solaio viene messo un massetto di pendenza per far scorrere via l’acqua. Però questo massetto, se non viene protetto, non è in grado di impedire che l’acqua penetri al suo interno e scorra dentro il solaio fino ad arrivare all’interno dell’edificio.

Pertanto è necessario prevedere uno strato impermeabilizzante. In passato, si usava la pece che deriva dal catrame, o il bitume, che deriva dal petrolio, i quali venivano stesi a pennello. Oggi si usano guaine che possono essere bituminose oppure sintetiche.  Questi sono gli strati di finitura minimi dei tetti, ma come vedremo a breve i moderni tetti richiedono molti più strati per essere efficienti.

Perché andrebbe ristrutturato un tetto?

Forse questa può sembrare una domanda banale, ma definire in modo chiaro quali sono le cause che portano alla ristrutturazione del tetto è importante per definire le tipologie di intervento da eseguire.

Un tetto deve essere ristrutturato sostanzialmente in tre casi:

  • Quando la tenuta all’acqua non viene più garantita;
  • Quando la stabilità strutturale è messa in pericolo;
  • Quando c’è bisogno di incrementare l’efficienza energetica dell’edificio.

Quest’ultima causa di ristrutturazione del tetto non riguarda direttamente possibili problematiche o degradi del tetto, ma è semplicemente una risposta a esigenze di benessere e di risparmio energetico. Le prime due cause invece sono legate a problematiche reali: vediamo meglio quali sono. 

Problematiche comuni che pregiudicano la tenuta all’acqua di un tetto 

Tetto allagato

Anche in questo caso è utile affrontare l’argomento dividendo tra tetti a falda e tetti piani. Abbiamo detto che nei tetti a falda tradizionali spesso non è presente un vero e proprio sistema di tenuta all’acqua, ma sono le tegole stesse a svolgere questa funzione.

Per quanto i materiali con cui sono realizzate le tegole siano longevi e performanti, essere sollecitate continuamente da cicli di caldo/freddo, gelo/disgelo, da piogge, neve, vento, etc., nel tempo le porta inesorabilmente a rovinarsi. Le cause principali di un’infiltrazione in un tetto a falde sono una tegola fuori posto, una tegola mancante, una tegola rotta.

Nei tetti piani invece la causa è da ricercarsi principalmente nelle guaine. Le guaine moderne sono composte da rotoli affiancati e parzialmente sovrapposti che vengono incollati con la fiamma ossidrica al solaio (o massetto) sottostante: quando ci sono infiltrazioni raramente il problema si presenta nel mezzo del rotolo, molto più spesso invece si presenta nei lembi.

Due rotoli affiancati o un risvolto laterale non perfettamente sigillati sono la causa più comune di infiltrazioni, insieme a pendenze non realizzate nel modo corretto.

Se le pendenze della copertura non riescono a far defluire verso le pluviali tutta l’acqua, c’è il rischio che si formino delle pozzanghere con acqua stagnante sulla copertura. Le acque sempre più acide di cui sono composte le piogge, se ristagnano troppo a lungo, possono consumare le sigillature tra i lembi delle guaine.

Quando invece sul tetto piano è presente una pavimentazione, la rottura della guaina potrebbe essere una conseguenza e la causa va cercata altrove. Il problema in questi casi, infatti, nasce quasi sempre da come la pavimentazione è stata incollata.

Infatti, le pavimentazioni di norma vengono incollate direttamente sulla guaina o su un massetto che la copre. Ma se la sigillatura tra le piastrelle si lesiona, l’acqua penetra al di sotto della piastrella senza poter scorrere via. L’acqua, che si trova letteralmente incastrata, comincia a creare una certa pressione sia sulla piastrella superiore sia sulla guaina o sul massetto inferiore: il risultato è che le piastrelle si staccano, il massetto si sgretola e la guaina si buca. 

Quando la struttura portante di un tetto si può degradare?

Quando la struttura portante di un tetto si può degradare

Passiamo ora a problemi ben più gravi di una guaina rotta. Però la causa è quasi sempre la stessa: l’acqua. Infatti, quando le strutture portanti di un tetto cominciano a dare segni di cedimento, la causa, a meno che non siano stati fatti interventi strutturali sbagliati o non siano stati applicati carichi eccessivi e non previsti, parte sempre dalla mancata tenuta all’acqua.

L’acqua è uno dei peggiori nemici di tutti i materiali strutturali.  Abbiamo detto che i tetti in laterocemento sono tra i più diffusi. Questi sono realizzati con travetti in cemento (prefabbricati o meno) tra cui sono interposte delle pignatte (mattoni in laterizio forato) e il tutto è collegato attraverso una soletta superiore in calcestruzzo.

Quando l’acqua penetra all’interno del solaio in modo costante (come ad esempio quando si lesiona una guaina), nel tempo riesce a disgregare il calcestruzzo fino a sbriciolarlo. Inoltre, se l’acqua arriva ai ferri di armatura dei travetti, avvia un processo di ossidazione (cioè si arrugginiscono) che come prima conseguenza ha un importante aumento di volume, e come seconda quello di farli polverizzare.

L’aumento di volume del ferro, tra l’altro, genera una pressione talmente forte sul calcestruzzo presente tutto intorno che letteralmente lo fa distaccare. Ma non è finita qui: se l’acqua arriva anche alle pignatte di alleggerimento in laterizio, imbibendole le indebolisce e fa distaccare la parte inferiore. E infine, se riesce a intrufolarsi tra il solaio e l’intonaco interno, causa il distacco di quest’ultimo. Un’infiltrazione che non viene bloccata in tempo insomma è un disastro annunciato.

Ma anche il legno teme le infiltrazioni di acqua: infatti, si tratta di un materiale che reagisce in modo repentino all’acqua, gonfiandosi e deformandosi. Già questo dovrebbe bastare, ma quando, durante la stagione asciutta, l’acqua evapora dal legno, raramente il legno riprende la forma originaria. Solitamente capita che, ritirandosi perché non c’è più acqua, si formano delle lesioni lungo le travi che, a seconda della posizione, possono portare addirittura al distacco di porzioni di legno.

Inoltre, il legno ha un problema aggiuntivo: essendo un materiale organico, c’è il rischio che venga attaccato da piccoli insetti come le termiti che lo consumano dall’interno. 

Ci fermiamo qui. In questo articolo, non affronteremo ulteriormente il tema degli interventi strutturali che è possibile eseguire sui tetti con strutture degradate (interventi che più spesso di quello che si pensa possono richiedere la totale sostituzione). Però ,si tratta di aspetti da tenere in considerazione e che interventi efficaci sugli strati di finitura superiori alla struttura portante possono contribuire a mitigare in modo determinante.

Garantire la funzionalità del tetto: riparazione e/o sostituzione del manto di copertura 

Riparazione e/o sostituzione del manto di copertura dei tetti

Vediamo adesso quali sono gli interventi di ristrutturazione del tetto che è possibile eseguire. Partiamo da quelli meno invasivi, cioè quelli che hanno lo scopo di ripristinare la funzionalità di un tetto esistente. Abbiamo visto che la prima causa di interventi sul tetto sono danni al manto di copertura più esterno: guaine e tegole, la cui conseguenza sono infiltrazioni d’acqua. 

Quando si verificano questi problemi, è fondamentale fare un’indagine dettagliata per cercare le cause e il punto esatto in cui avvengono le infiltrazioni. Infatti, spesso l’acqua penetra all’interno delle strutture in un punto e compare all’interno degli edifici anche a notevole distanza. Deve sempre essere un tecnico esperto a fare queste valutazioni, il fai-da-te porta quasi sempre a errori di valutazione.

Detto ciò, le soluzioni si riducono sostanzialmente a due: o si fanno riparazioni locali o si sostituisce tutto il manto di copertura. Solitamente questa decisione è strettamente legata anche all’età del manto di copertura: la maggior parte delle guaine utilizzate raramente ha una durata superiore ai 20/30 anni, quindi accanirsi ad eseguire riparazioni locali potrebbe essere deleterio.

Serve una pratica edilizia per fare la manutenzione del tetto?

Dal punto di vista normativo, questa tipologia di interventi di ristrutturazione del tetto, anche se possono essere molto invasivi, rientrano tra quelli di manutenzione ordinaria, per come sono definiti dal Testo Unico dell’Edilizia (D.Pr. 380/2001).  Stiamo parlando cioè tutti quegli interventi “che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti”.

Una caratteristica importante è che non devono portare innovazioni: se la copertura era in coppi, la nuova copertura dovrà continuare a essere con coppi e non con tegole marsigliesi o scandole in asfalto. Cambiando la tipologia di finitura, l’intervento si configurerebbe come una manutenzione straordinaria. La grossa differenza, dal punto di vista burocratico, è che la manutenzione ordinaria non richiede alcuna pratica edilizia, mentre la manutenzione straordinaria richiede la presentazione di almeno una CILA.

Tecniche di manutenzione del tetto

Chiariti gli aspetti burocratici passiamo a quelli tecnici. E distinguiamoli per tetti piani e tetti a falde, perché abbiamo capito essere notevolmente differenti.

Interventi sui tetti piani

Interventi di manutenzione sui tetti piani

Abbiamo detto che i manti di copertura dei tetti piani sono, nella maggior parte dei casi, delle guaine bituminose, realizzate in uno o due strati. Abbiamo anche detto che un’alternativa comune è quella della copertura pavimentata (quindi del terrazzo di copertura), che prevede comunque la presenza di una guaina bituminosa negli strati inferiori del pacchetto di copertura. Più rare invece sono coperture con la presenza di ghiaia e vegetazione (tetto-giardino). Sostituire una guaina bituminosa è un intervento abbastanza semplice e dal risultato assicurato, se affidato a operai esperti e realizzato con materiali di qualità. 

Sebbene si pensi che la sostituzione della guaina sia un costo significativo, in realtà uno dei costi maggiori risiede nella rimozione e smaltimento delle vecchie guaine, in quanto sono classificate come rifiuti speciali, per cui è previsto un particolare ciclo di discarica. Per questo motivo molte persone preferiscono far posare la nuova guaina su quella precedente.

Si tratta di una soluzione da evitare, se si vuole un lavoro a regola d’arte, che duri nel tempo e che non appesantisca il tetto di carichi aggiuntivi. Per quanto riguarda i materiali, spesso le guaine sono di tipo bituminoso e vengono fornite in rotoli che devono essere incollati al supporto sottostante con la fiamma ossidrica. Durante queste operazioni di posa alcuni aspetti importanti da verificare sono la corretta sovrapposizione dei vari rotoli di guaina su tutti i lati (per almeno 15cm), la totale sigillatura dei bordi e l’aderenza completa della guaina al supporto sottostante (quindi l’assenza di bolle d’aria).

In alternativa, si possono usare guaine in gomma sintetica, tipo EPDM, tecnologia esistente fin dagli anni sessanta del secolo scorso e che garantisce un’ottima resistenza all’acqua e ai raggi UV, tanto che può durare fino a 50 anni. Esistono anche guaine liquide, da stendere a mano con rullo. Si tratta di prodotti efficaci ma che hanno una durata solitamente inferiore a quella delle normali guaine in rotolo e che richiedono un periodico rifacimento (almeno ogni 4-5 anni).

Spesso le guaine presenti sulle coperture piane sono di colori scuri (nero), oppure che richiamano le tonalità dei tetti classici (rosso mattone, come le tegole), o ancora verdi a richiamare un prato. Tutte queste colorazioni hanno però un effetto negativo, soprattutto durante i mesi estivi: tendono a far scaldare più rapidamente e molto di più gli ambienti sottostanti.

Per evitare queste problematiche si può optare per l’installazione di guaine di colore chiaro (bianche), che sono in grado di riflettere parte della radiazione solare. È stato dimostrato che queste guaine riescono a far scendere la temperatura del solaio su cui sono posate anche di 15°. Prima di modificare il colore della guaina però, è necessario valutare se vi sono vincoli sull’edificio o sull’area in cui si trova: si tratta principalmente di vincoli paesaggistici o architettonici, che impongono l’utilizzo di determinati colori. 

Nel caso di terrazzi di copertura, abbiamo visto che il problema risiede anche nella modalità con cui sono posate le piastrelle. In questi casi, l’intervento ottimale non è la semplice sostituzione della pavimentazione con rifacimento della guaina, che significherebbe semplicemente replicare il problema. Per aumentare in modo significativo la durata dell’intervento sarebbe opportuno inserire uno strato drenante sotto le piastrelle: si tratta di un sottile tappetino bugnato che consente all’eventuale acqua di scorrere seguendo le pendenze del massetto e di essere convogliata verso i pluviali.

Questo accorgimento consente di aumentare sensibilmente la vita della copertura a terrazzo. 

Interventi sui tetti a falde

Intervento di ristrutturazione su un tetto a falde

Abbiamo detto che i tetti a falde di solito presentano meno problemi dei tetti piani perché, proprio grazie alla pendenza, l’acqua scorre più facilmente e non ristagna. Abbiamo anche visto che, nell’edilizia tradizionale, non si realizzavano impermeabilizzazioni al di sotto delle tegole, le quali fungevano da impermeabilizzazione.

Se nei tetti piani le guaine vanno soggette a un degrado diffuso, che ne consiglia la completa sostituzione, nei tetti a falde è più comune dover realizzare solo interventi di riparazione localizzati, consistente nella sostituzione di una piccola porzione di tegole. 

Quando però risulta necessario sostituire l’intero manto di copertura in tegole, potrebbe essere consigliabile installare al di sotto una nuova guaina di tenuta all’acqua, anche se prima non c’era. Questo per preservare meglio le strutture portanti del tetto, che abbiamo visto essere spesso soggette a degrado a causa dell’esposizione agli agenti atmosferici. Nel caso di tetto con struttura in legno in cui le tegole sono fissate direttamente agli arcarecci, per poter installare una guaina è necessario posare un tavolato su di essi.

Questo tipo di intervento è sicuramente più invasivo e costoso, e probabilmente ha senso se, oltre a sostituire il semplice manto di copertura, si effettua un vero e proprio efficientamento energetico del tetto, posando anche dei pannelli isolanti.   

Migliorare il benessere e abbattere le bollette: efficientamento energetico del tetto

Efficientamento energetico del tetto

Come abbiamo già avuto modo di evidenziare, in passato spesso i tetti, anche in zone con climi severi, venivano realizzati senza alcun tipo di isolamento. In questo paragrafo, cercheremo di capire come è possibile intervenire sui tetti piani e sui tetti a falde per realizzare un isolamento che sia efficace, duraturo nel tempo e che garantisca alte prestazioni non solo in inverno ma anche in estate. 

Infatti, quando si pensa all’isolamento del tetto, ci sono più fattori di cui tenere conto e non solo come isolarsi dal freddo in inverno.  Senza dubbio il più importante è dimensionare correttamente lo spessore dell’isolante per proteggersi dal freddo, ma ci sono anche altri fattori ugualmente importanti.

Per quanto riguarda il calcolo dello spessore necessario, Il parametro fisico da verificare è la conducibilità termica del materiale (λ). Partendo da questo dato si calcola la trasmittanza, cioè il parametro che lega la conducibilità con lo spessore del materiale e che indica la capacità di rallentare la dispersione di calore. Ne abbiamo parlato approfonditamente nell’articolo sull’isolamento termico di qualche tempo fa.  

Ma non basta: è altrettanto importante fare in modo di proteggere l’isolante dall’acqua e dall’umidità. Infatti, la quasi totalità degli isolanti si degrada in modo irreversibile a contatto con acqua o condensa, e nei tetti il pericolo arriva sia dall’esterno (precipitazioni meteoriche) sia dall’interno (formazione di condensa).

E non per ultimo è importante scegliere un isolante che sia in grado di limitare l’ingresso di calore in estate. In questo caso, i parametri importanti sono lo sfasamento termico e la densità del materiale. Ne parliamo più approfonditamente a breve. C’è però da dire che i soli materiali isolanti in copertura non sono molto efficaci per limitare l’ingresso di calore, così è importante utilizzare tecniche costruttive in grado di risolvere in altro modo il problema. 

Date tutte queste questioni, risulta evidente come, quando si isola un tetto, non sia sufficiente posare un pannello isolante, ma sia necessario creare un pacchetto funzionale composto da una serie di materiali, ognuno con la propria funzione, che collaborano a ottenere il risultato desiderato.

Isolare un tetto piano

Come isolare un tetto piano

Quando si isola un tetto piano, oltre a tutti gli aspetti che abbiamo appena introdotto, è necessario tenere conto di un altro aspetto: la resistenza meccanica a compressione (allo schiacciamento) dell’isolante. A seconda del pacchetto funzionale previsto, l’isolante potrebbe trovarsi sotto un massetto cementizio, o addirittura sotto una pavimentazione, segno che il tetto è praticabile e quindi ci saranno frequentemente persone sopra di esso. 

Ad ogni modo, a prescindere dall’utilizzo della copertura, esistono due metodologie principali di isolamento del tetto piano:

  • il tetto caldo;
  • il tetto rovescio.

La differenza riguarda la posizione reciproca dello strato isolante e dello strato impermeabile (la guaina).

Tetto caldo

Il tetto caldo è sicuramente il più diffuso e prevede che l’isolamento sia posto al di sotto della guaina di tenuta. In questo modo l’isolante è protetto dagli agenti atmosferici esterni, preservandolo da un importante fattore di rischio. Però non lo è la guaina che, come abbiamo già avuto modo di dire, sottoposta a cicli di gelo e disgelo continui, negli anni potrebbe lesionarsi.

Questo è un problema particolarmente diffuso per le guaine bituminose e, per ovviare a questo problema, è possibile realizzare guaine in doppio strato di cui la superiore ardesiata, più resistente grazie alla presenza di scaglie di ardesia al suo interno. In alternativa, si possono usare guaine in gomma sintetica, tipo il già citato EPDM.

Un aspetto importante a cui fare attenzione nella realizzazione dei tetti caldi è quello di posizionare una barriera al vapore al di sotto dello strato isolante: il motivo è che, in inverno, tra lo strato isolante e il supporto (un massetto solitamente) potrebbe formarsi della condensa. La barriera al vapore ha proprio lo scopo di bloccare la formazione di tale condensa.

Tetto rovescio

Nel tetto rovescio la guaina si trova sotto l’isolante: in questo modo la guaina è protetta e funge anche da barriera al vapore risolvendo un doppio ordine di problemi.  In compenso l’isolante è esposto alle intemperie: detto che i pannelli isolanti utilizzati per i tetti rovesci sono rifiniti con delle membrane protettive per preservali dai danni dovuti alle precipitazioni, è comunque sempre opportuno fornire un’ulteriore protezione, che può essere realizzata con della ghiaia o con una pavimentazione.

Tetto giardino

Tetto giardino

Un’alternativa ai classici tetti piani è il tetto verde, o tetto giardino, cioè che prevede uno strato finale di vegetazione. In realtà, la stratigrafia di un tetto verde non si limita ad aggiungere un po’ di terra e vegetazione, ma è abbastanza articolata.

Di base si parte da una stratigrafia simile al tetto rovescio, con una guaina in PVC o EPDM posizionata sotto l’isolante. Al di sopra di quest’ultimo troviamo un secondo strato protezione, che lo preserva da eventuali danni meccanici. Proseguendo abbiamo:

  1. Strato di drenaggio, che regola il deflusso dell’acqua;
  2. Strato filtrante, che fa filtrare l’acqua ma non il terreno, così da non ostruire lo strato di drenaggio; 
  3. Un substrato di terreno, dello spessore adeguato alla tipologia di vegetazione scelta; 
  4. La vegetazione.

Un tetto verde, a differenza di quello che si crede, non richiede molta manutenzione. In compenso, è uno dei migliori modi per isolarsi dal caldo estivo perché garantisce un’elevata inerzia termica.

Isolare un tetto a falde

Come isolare un tetto a falde

Il tetto a falde presenta un indubbio vantaggio rispetto al tetto piano: lo smaltimento delle acque meteoriche avviene naturalmente proprio per la sua conformazione.

Questo non significa che quando si isola un tetto a falde non bisogna preoccuparsi di proteggere gli strati isolanti dall’acqua o dalla condensa.

Le tecniche principali di isolamento sono:

  • Tetto caldo;
  • Tetto ventilato (o freddo).

Tetto caldo

Il pacchetto funzionale del tetto a falde caldo è molto simile a quello dei tetti piani: lo strato isolante si trova a contatto con la falda (in calcestruzzo o in tavolato di legno) ed è protetto dalla guaina.

La guaina può essere lasciata a vista (cosa comune in molta edilizia economica della seconda metà del secolo scorso) oppure si può realizzare una finitura in tegole di argilla, scaglie di ardesia, tegole bituminose, etc.

Anche in questo caso, come per il tetto piano caldo, potrebbe essere necessario inserire una barriera al vapore sotto lo strato isolante.

Tetto ventilato

Tetto ventilato

Il tetto ventilato è in qualche modo simile al tetto rovescio: infatti, lo strato di tenuta (la guaina) viene posizionato sotto il pannello isolante. 

Però le similitudini finiscono qui, infatti, sopra il pannello isolante viene creata una camera d’aria ventilata che ha una duplice funzione: elimina l’umidità che si potrebbe formare tra l’isolante e la copertura, e regola in modo efficace la temperatura durante la stagione estiva.

Infatti, la camera d’aria è aperta alla base della falda e al colmo, permettendo così di creare un moto d’aria continuo che fa disperdere l’aria calda, sfruttando il cosiddetto “effetto camino”.

Sopra la camera d’aria viene realizzato un tavolato a cui sono ancorate le tegole.

Altre tipologie di isolamento

In questo paragrafo, abbiamo sinteticamente affrontato le principali tipologie di isolamento per i tetti. Ma la realtà è che ce ne sono molte altre tra cui scegliere. Ogni edificio fa storia a sé e la migliore soluzione va valutata in modo indipendente. Giusto per citarne alcune:

  • Isolamento con pannelli sandwich (per i tetti a falde);
  • Isolamento dall’interno con finitura in cartongesso (tetti a falde e tetti piani);
  • Isolamento dell’estradosso del solaio del sottotetto non abitabile con materiali sfusi tipo fiocchi di cellulosa.

Decidere come isolare il tetto è un aspetto molto tecnico che non deve essere lasciato al fai da te e nemmeno ai consigli di imprese/rappresentati/rivenditori. Deve essere sempre incaricato un tecnico specializzato in aspetti energetici.

Conclusione

Spesso si sottovaluta quanto sia complesso tecnologicamente il sistema-tetto, e quanto sia complesso realizzare un tetto in grado di proteggere dalla pioggia, di isolare efficacemente in inverno e in estate e di durare nel tempo senza dare problemi. 

La ristrutturazione del tetto è sicuramente un investimento significativo, ma porta sempre a benefici impagabili. Con una pianificazione accurata, una comprensione approfondita dei vari aspetti coinvolti e la scelta di un professionista e di un’impresa competente, è possibile garantire che i lavori siano eseguiti correttamente e che il tetto ristrutturato possa fornire decenni di servizio affidabile.

Alessandro Mezzina

Architetto e autore di www.ristrutturazionepratica.it

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