Tinteggiare casa: conoscere le pitture per ottenere un risultato duraturo

di Alessandro Mezzina

Tinteggiare casa: conoscere le pitture per ottenere un risultato duraturo

Caratteristiche e tipologie delle principali pitture per interni

Spoiler alert: questo non è un articolo sul fai-da-te della pitturazione. Chiaramente ci saranno informazioni che potrà sfruttare anche chi decide di tinteggiare casa da solo, però lo scopo principale è fare una panoramica delle principali tipologie di pitture in commercio, per capire quali sono le differenze e fare le scelte corrette in base ai casi specifici. 

Nei prossimi paragrafi vedremo come è composta una pittura (aspetto essenziale da comprendere per non sbagliare la scelta!) e quali sono le tipologie di pitture più diffuse con le relative formulazioni più comuni. Può sembrare banale e poco avvincente parlare di questi aspetti, però è opportuno ricordare che scegliere pitture sbagliate può portare a dover rifare la finitura per incompatibilità con il fondo presente, oppure (peggio) mettersi in casa prodotti di bassa qualità che possono rilasciare sostanze volatili nell’ambiente (VOC), particolarmente nocive per l’uomo. 

Da alcuni anni ormai infatti si parla di sindrome dell’edificio malato (sick building syndrome), cioè persone che sviluppano problemi di salute all’apparenza senza motivo, ma la cui causa è stato dimostrato essere il vivere in immobili con condizioni ambientali insalubri o inquinamento indoor. Una delle principali cause di queste condizioni è proprio la presenza di VOC nell’aria interna. E le pitture di bassa qualità sono tra i maggiori responsabili dei VOC. Tra poco vedremo quali sono le sostanze presenti nelle pitture murali che possono generare questi composti. 

Come è fatto un prodotto verniciante per tinteggiare casa

Come tinteggiare casa: i prodotti vernicianti

Cominciamo col dire che le pitture per l’edilizia sono solo una parte di quelli che vengono chiamati più genericamente prodotti vernicianti: si tratta di liquidi, più o meno viscosi, che una volta stesi su un supporto si trasformano, per fenomeni fisici o chimico-fisici, in un film completamente aderente ad esso: si essiccano, induriscono e alla fine diventano una decorazione e una protezione per il supporto.

I prodotti vernicianti si dividono in due tipi:

  • Le pitture (coprenti, cioè il supporto sottostante non si vede)
  • Le vernici (trasparenti, cioè fanno vedere il supporto sottostante, sebbene possano dargli una colorazione diversa)

Un prodotto verniciante (pittura o vernice che sia) è composto da quattro elementi principali:

  1. Un legante
  2. Un solvente
  3. Dei pigmenti
  4. Degli additivi

1. Legante

Come tinteggiare le pareti di casa: l'utilizzo de leganti

Per millenni l’unico legante utilizzato nel confezionamento di pitture e vernici è stato l’olio di lino. Successivamente si è iniziato ad utilizzare olii cotti e altre resine naturali. Al giorno d’oggi i leganti largamente più diffusi sono le resine sintetiche e, sebbene non siano sempre il composto presente in quantità maggiore, sono probabilmente quello più importante perché è grazie al legante che la pittura aderisce al supporto (che sia un muro, un pannello di legno, un metallo, etc.) e crea il film coprente. 

In passato era molto diffuso il polivinilacetato (la colla vinavil per intenderci), ma ad oggi quelli maggiormente utilizzati nelle pitture da interni sono le resine acriliche. Ve ne sono anche di altri tipi che però, in edilizia, trovano impiego in altre tipologie di prodotti e non nelle pitture. Ad esempio nelle resine per rivestimento dei pavimenti trovano ampio impiego quelle epossidiche

Nel settore edile, oltre agli olii prima e alle resine sintetiche poi, era diffuso nell’area mediterranea l’utilizzo di leganti di origine naturale, che da alcuni anni stanno vivendo una seconda giovinezza, perché garantiscono ottime prestazioni in termine di salubrità degli ambienti: stiamo parlando dei leganti a base di calce (grassello di calce). Ne parleremo in modo più approfondito a breve. 

2. Solvente

Tinteggiatura casa: il ruolo del solvente

Il solvente è una sostanza il cui scopo è sciogliere o emulsionare la resina, rendendola quindi stendibile e facilmente applicabile. 

In realtà è necessario fare una distinzione: infatti da un lato esistono i solventi veri e propri, di origine chimica o vegetale, che sciolgono le resine; in alternativa viene usata l’acqua, che emulsiona le resine. Questa differenziazione dà origine alla prima classificazione significativa dei prodotti vernicianti: cioè pitture a solvente e pitture ad acqua (idropitture).

Per molti anni sono state utilizzate esclusivamente pitture a solvente, principalmente l’acquaragia (ricavata dal petrolio), il nitro e la trementina. Però ci si è accorti che tali solventi, in fase di asciugatura, emettono sostanze volatili organiche (VOC) nocive per l’uomo. Sebbene siano ancora in produzione pitture a base di solvente, utilizzate principalmente nel settore manifatturiero, attualmente la quasi totalità delle pitture murali presenti sul mercato sono a base d’acqua, garantendo così un prodotto assolutamente sicuro.

Le idropitture (prodotti vernicianti in emulsione acquosa) vengono classificate in base alla tipologia di resina utilizzata: viniliche, acriliche, plastiche. Ne parleremo più approfonditamente tra qualche paragrafo.

3. Pigmenti

Verniciare casa: i pigmenti organici ed inorganici

I pigmenti danno il colore alla pittura e possono essere suddivisi in pigmenti organici e inorganici, oltre che in pigmenti naturali e pigmenti sintetici.

La differenza tra pigmenti organici e inorganici è la presenza o meno del carbonio al loro interno (organici sì, inorganici no). Per quanto riguarda le caratteristiche generali, i pigmenti organici hanno colori più brillanti ma quelli inorganici forniscono una copertura migliore. Vengono usati anche in combinazione per sfruttare al meglio entrambe le caratteristiche.

Il pigmento più importante e nobile è il biossido di titanio, che fornisce i migliori risultati in termini di lucentezza, brillantezza e colore bianco. Si tratta di un pigmento sintetico molto costoso e di difficile produzione, per questo motivo le pitture economiche ne hanno piccole quantità o addirittura ne sono sprovviste. 

Parlando di pigmenti dobbiamo citare anche le cosiddette cariche: polveri inorganiche, insolubili ed inerti che servono per migliorare le caratteristiche estetiche della pittura, aumentando la permeabilità al vapore, facilitando la carteggiatura degli stucchi e migliorando la distribuzione del pigmento. Le cariche più diffuse sono il talco, il quarzo, il carbonato di calcio (calcite) e il caolino. Le ultime due sono importanti per le pitture bianche, perché aiutano a realizzare proprio il colore bianco, abbattendo i costi elevati dati dal biossido di titanio.

4. Additivi

Con i tre elementi appena visti, la composizione della pittura potrebbe essere completa. Esistono però gli additivi, cioè sostanze aggiunte in piccole quantità che forniscono e ottimizzano determinate caratteristiche dei componenti principali della pittura. Esistono tantissimi i tipi di additivi, farne un elenco completo sarebbe inutile, tra quelli più “ricercati” possiamo senza dubbio annoverare gli additivi antimuffa e anticondensa. Approfondiremo anche questi nei prossimi paragrafi.

Le pitture murali e la loro composizione

Chiariti quali sono i componenti-base di ogni prodotto verniciante, approfondiamo quali sono le pitture murali più diffuse e quali caratteristiche specifiche hanno. Come linea generale le pitture di cui parleremo sono tutte a base acquosa. Infatti, sebbene sia possibile trovare ancora pitture a solvente, sono poco diffuse per le problematiche di inquinamento, cattivi odori e VOC che comportano e di cui abbiamo già parlato. 

Nei prossimi paragrafi spenderemo quale parola per le principali tipologie di pitture murali, delineandone le caratteristiche specifiche, che vedremo spesso differire solo per piccoli ma significativi dettagli.

Pitture a tempera

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Le pitture a tempera sono idropitture (cioè utilizzano come solvente l’acqua) che hanno avuto larga diffusione durante il secolo scorso, fino agli anni ’50. Devono il loro nome dal processo con cui si preparano: infatti i pigmenti in polvere di cui sono composte vengono “stemperati” (mescolati) in acqua. 

Si tratta di una pittura molto economica perché utilizzano resine non molto pregiate in piccola quantità e il cui pigmento principale è il Bianco Meudon, detto anche bianco di Spagna: un bicarbonato di calcio economico, ricavato da giacimenti di conchiglie marine che vengono triturate e lasciate decantare. La scarsa qualità dei prodotti utilizzati per realizzare le tempere danno come risultato una pittura molto spessa e che tende a sfarinare o a sfaldarsi dopo poco tempo. 

Altra problematica di tale tipo di pitture è l’impossibilità di stendere un nuovo strato sopra uno precedente: infatti non riuscirebbe ad aderire. Così, quando si deve pitturare muri precedentemente finiti a tempera, è necessario prima eliminarla completamente e solo dopo procedere alla nuova pitturazione. 

Questa la composizione tipica di una pittura a tempera:

  • Acqua 30%
  • Emulsione (di resine) 3%
  • Biossido di Titanio 1%
  • Bianco di Meudon 63%
  • Additivi 3%

Idropitture traspiranti

Con le idropitture traspiranti parliamo di un prodotto molto superiore rispetto al precedente, sia per quanto riguarda il fattore estetico che tecnico. Infatti sono caratterizzate dalla capacità di consentire al muro di far penetrare (e fuoriuscire) il vapore acqueo presente nell’aria (l’umidità). Questa può sembrare una caratteristica da evitare, ma in realtà consentire alle murature di assorbire parte dell’umidità presente nell’aria interna durante i mesi invernali e rilasciarla durante i mesi estivi, è essenziale per un buon controllo termoigrometrico e la sostanziale salubrità, non solo dei muri ma di tutto l’ambiente interno. 

Gli elementi principali che compongono le idropitture traspiranti sono i seguenti:

  • Acqua tra il 24% e il 22%
  • Emulsione (di resine) tra il 7% e il 9%
  • Biossido di Titanio tra il 9% e il 10%
  • Caolino tra l’8% e il 13% (pigmento bianco più raffinato)
  • Carbonato di Calcio tra il 50% e il 43%

Aspetto negativo è la scarsa resistenza alle macchie e alle abrasioni di questa pittura. Infatti presenta una “lavabilità” abbastanza bassa, sotto i 3.000 colpi di spazzola. Nel prossimo paragrafo approfondiamo il significato di questo parametro. 

Idropitture lavabili

Le idropitture lavabili per tinteggiare casa sono le più diffuse

Le idropitture lavabili sono probabilmente le più diffuse per tinteggiare casa e quindi le pareti interne. E c’è la credenza che, in caso di macchie, possano essere effettivamente lavate, magari con una spugnetta. Ma non è così. Classificare una pittura come lavabile o meno è legato ad uno specifico parametro: i colpi di spazzola a cui resiste prima di rovinarsi. Un’idropittura lavabile deve resistere a più di 10.000 colpi di spazzola prima di cominciare a sfarinarsi. Questo le caratterizza come molto più compatte e resistenti rispetto alle idropitture, rendendo quindi possibile eliminare piccole macchie superficiali. Ma non significa che si tratti di pitture impermeabili, infatti presentano comunque una certa permeabilità e quindi assorbimento. 

Ecco la composizione tipica di una pittura lavabile:

  • Acqua tra il 25% e il 23%
  • Emulsione (di resine) tra il 14% e il 19%
  • Biossido di Titanio tra il 10% e il 13%
  • Bianco Meudon tra il 10% e il 12%
  • Caolino tra l’8% e il 13% (pigmento bianco più raffinato)
  • Carbonato di Calcio tra il 30% e il 17%

Come si può vedere, rispetto alle idropitture traspiranti aumenta notevolmente la percentuale di emulsione (resine). Questa è proprio la caratteristica che garantisce la cosiddetta lavabilità di queste pitture rendendole più coprenti e adatte ad ambienti ad alto traffico. Siccome le resine utilizzate nelle idropitture sono prodotti costosi, per non far crescere il prezzo finale spesso si tende ad inserire una percentuale di Bianco Meudon, che abbiamo già detto essere molto più economico degli altri pigmenti. 

Idropittura antimuffa e idropittura anticondensa

Idropitture traspiranti per la tinteggiatura delle pareti

Abbiamo parlato di muffe e condense in un altro articolo. E lì abbiamo detto che usare pitture apposite non è quasi mai il modo corretto per risolvere definitivamente queste problematiche. Però non c’è dubbio che i prodotti attualmente in commercio possano essere una valida soluzione a questi problemi, sebbene temporanea. Vediamo quali caratteristiche hanno. 

Per quanto riguarda le pitture antimuffa, si tratta di idropitture traspiranti a cui viene aggiunto un potente battericida che, in sostanza, igienizza le pareti creando un ambiente non adatto alla crescita di funghi e batteri. La pecca di queste pitture è che il battericida non è eterno ma si consuma in poco tempo, portando così le muffe a formarsi nuovamente. 

Le pitture anticondensa, problematica spesso legata alla proliferazione delle muffe, funzionano in modo diverso: la condensa si forma quando l’umidità presente nell’aria raggiunge il punto di rugiada a contatto con superfici fredde. Che solitamente sono le pareti perimetrali e i ponti termici. Pertanto la soluzione è aumentare la temperatura di queste pareti.

Detto che la soluzione ideale è isolare la casa, una soluzione alternativa può essere utilizzare pitture ad effetto termico per tinteggiare casa e le pareti perimetrali dal lato interno. Queste pitture, grazie alla presenza di cariche minerali, di microsfere cave di vetro e di particelle ceramiche, forniscono un minimo isolamento termico che aiuta a riequilibrare la temperatura delle pareti perimetrali rispetto a quella dell’aria interna, impedendo all’umidità di condensare. 

Attenzione ad un aspetto: vi sono alcuni produttori che spacciano tali pitture come isolanti veri e propri, cioè da utilizzare in sostituzione del normale isolamento della casa. Naturalmente non è possibile ottenere un isolamento efficace con solo la pittura, ma solo un blando effetto di nessuna utilità per proteggersi dal freddo, però efficace per contrastare la condensa. 

Rivestimenti plastici

Le pitture “plastiche” sono state particolarmente diffuse a partire dagli anni ’50 per la loro elevata capacità coprente, la facilità di posa e l’idea che, dato il notevole spessore, potessero risolvere eventuali problemi del supporto (ad esempio non perfettamente liscio o planare). In realtà hanno sempre presentato problemi simili a quelli delle pitture a tempera, che nel tempo ne hanno fatto diminuire notevolmente l’uso: si sfogliano, si sfarinano e si sporcano facilmente. Ora vengono usate principalmente per correggere difetti di pitture plastiche esistenti ma stanno rapidamente scomparendo.

Rispetto alle idropitture presentano una grande quantità di quarzo nella loro composizione (oltre il 40%), responsabile di un film molto spesso che non consente al muro di respirare e gli dà una sorta di rugosità (sono granelli molto piccoli ma comunque visibili ed è possibile sentirli anche al tatto).

Di solito il quarzo viene usato all’esterno perché molto resistente, ma anche lì presenta problemi dovuti alla bassa traspirabilità e sta venendo sostituito con altre tecnologie più avanzate.

Smalti murali

È credenza diffusa che gli smalti murali non siano altro che pitture lucide. Niente di più sbagliato: gli smalti murali possono essere lucidi tanto quanto opachi. Invece alcune tipiche caratteristiche estetiche degli smalti murali sono la compattezza della finitura e i colori brillanti.

Ma queste finiture presentano anche caratteristiche tecniche notevoli, in quanto sono state formulate per resistere ai detersivi, agli acidi, agli alcali leggeri, agli alcoli e agli oli lubrificanti, in qualsiasi tipo di clima, inoltre sono impermeabili, quindi adatti ad ambienti umidi (tipo bagni e cucine) perché impediscono alla muratura sottostante di impregnarsi d’acqua. Il motivo di tali caratteristiche è che sono pitture sviluppate nel settore della manifattureria metallica e lignea, e solo in un secondo momento si sono diffusi anche come pitture murali.

Dal punto di vista della composizione sono caratterizzate da quantità di resine e pigmenti abbastanza elevata, proprio per garantire le caratteristiche di cui abbiamo appena parlato. Inoltre, a seconda dell’utilizzo, possono essere composti da resine alchidiche a base di glicerina (settore manifatturiero) o resine acriliche (edilizia): 

  • Emulsione (di resine) tra il 40% e il 48%
  • Pigmenti e cariche tra il 40% e il 45%
  • Diluente (acqua o solvente) tra l’8% e il 20%
  • Additivi tra il 5% e il 10%

Pitture a base di calce

Bio-edilizia e pitture a calce

Le pitture a calce sono state lo standard edilizio nell’area mediterranea fino a circa gli anni ’40 del secolo scorso, quando sono state soppiantate dalle più moderne (ed economiche) pitture a base di resine sintetiche. Negli ultimi anni però, la maggiore attenzione ad aspetti ecologici e di salubrità degli ambienti interni, ha portato a riscoprire questa tipologia di pittura. 

Infatti le pitture a calce derivano dalla tradizione degli antichi romani e utilizzano un legante naturale (il grassello di calce) la cui presenza dona alle murature caratteristiche di traspirabilità e permeabilità uniche e nettamente superiori rispetto alle altre pitture. Il grassello di calce svolge il doppio ruolo di legante e pigmento, e si ottiene cuocendo rocce calcaree a circa 900° per poi spegnerle in vasche di acqua (il solvente). 

Grazie alle sue caratteristiche uniche, le pitture a calce fanno parte dei materiali di bio-edilizia e rientrano negli standard del cosiddetto “green building”, cioè gli edifici progettati, costruiti e gestiti in maniera sostenibile ed efficiente.

A differenza delle altre idropitture di cui abbiamo parlato finora, le pitture a calce non formano un film protettivo superficiale, ma si legano chimicamente e in modo indissolubile al supporto su cui vengono stese (l’intonaco). Infatti il processo di essiccazione non avviene per evaporazione dell’acqua ma per carbonatazione: cioè si forma un legame chimico tra il componente principale della pittura, il grassello di calce, e l’anidride carbonica presente nell’aria, il cui risultato è un composto chiamato carbonato di calcio.

Proprio per questa particolarità, le pitture a base di calce garantiscono migliori risultati in termini di traspirabilità, permeabilità, durata nel tempo e qualità dei colori, se date su intonaci realizzati a base di calce. Invece potrebbe essere problematico utilizzare questa finitura su murature precedentemente tinteggiate con altri materiali e/o su pareti in cartongesso. Questa la formulazione tipica di una pittura a base di calce:

  • Grassello di calce 65%
  • Emulsione (resine sintetiche) 5%
  • Biossido di titanio 1%
  • Calcio carbonato 28%

Come si vede esiste una piccola percentuale di resine sintetiche, che sono state aggiunte nelle formulazioni moderne per dare maggiore resistenza a questo tipo di pittura, soprattutto in esterno. C’è da dire che alcuni produttori non usano nessun tipo di emulsione.

Pitture ai silicati

Le pitture ai silicati sono utilizzate negli edifici che hanno problemi di umidità di risalita o in generale che si trovano in ambienti particolarmente umidi. Come per le pitture a calce il legante è naturale: si tratta del polisilicato di potassio (i silicati), cioè dei minerali composti da ossigeno e silicio che compongono circa il 90% della crosta terrestre; e come per le pitture a calce l’adesione avviene grazie ad un processo chimico e non per evaporazione. Il risultato è una finitura con elevata traspirabilità e permeabilità al vapore. Viene utilizzata principalmente negli esterni perché resiste bene alle intemperie e, data la sua base minerale, protegge in modo efficace da funghi e alghe. 

Il ciclo di pitturazione

Il ciclo di tinteggiatura include tre o quattro strati

Chiudiamo questo articolo spendendo alcune parole su un aspetto importante quando si tinteggiano le pareti di casa, sia che si tratti di muri appena intonacati sia che si tratti di muri su cui è già presente una precedente pittura: cioè quale sia il corretto ciclo di pitturazione.

Infatti raramente la finitura di una parete è formata da un solo strato di prodotto verniciante, ma più spesso è necessario realizzare un vero e proprio ciclo composto da più strati, che comprende prodotti diversi. Molto dipende dalla finitura scelta, soprattutto quando si utilizzano finiture decorative tipo stucchi, marmorini o similari. Però per la normale tinteggiatura delle pareti il ciclo è abbastanza standardizzato, tanto che la maggior parte dei produttori propongono i cosiddetti cicli omogenei, cioè composti da più prodotti della stessa famiglia e compatibili tra di loro. 

Gli strati che compongono un ciclo di solito sono tre o quattro:

  1. Primer (primitura o fondo). Consiste nell’applicare sul supporto assorbente (l’intonaco o la vecchia pittura) una pittura trasparente che ha lo scopo di riempire eventuali piccoli buchi uniformando la base, migliorare l’adesione dei successivi strati di pittura ed esaltare la brillantezza dei colori. Deve essere applicata a pennello, in modo da assicurarne la migliore penetrazione nel supporto.
  2. Primo strato. Si tratta del primo strato di pittura, con la finitura scelta, che deve essere posata su un supporto preparato. 
  3. Strati intermedi, il cui scopo è dare corpo (spessore) alla pittura, formando un ponte tra i diversi strati e creando uno scudo allo strato di fondo. C’è da dire che non sempre vengono dati gli strati intermedi (1 o 2), ogni prodotto ha i suoi specifici cicli di posa. Di solito sono presenti nelle pitture decorative tipo stucchi e marmorini. 
  4. Strato di finitura. È lo strato finale e decorativo, solitamente dato con lo stesso materiale di quelli precedenti ma che, in caso di pitture decorative, potrebbe essere differente. Ha lo scopo di garantire il migliore risultato decorativo e un’adeguata protezione.

A questo ciclo andrebbe aggiunta una “fase 0”, nel caso in cui le murature su cui si interviene siano già tinteggiate: cioè la fase di verifica e preparazione.

Risulta infatti necessario verificare la tipologia di pittura esistente e il suo stato di conservazione. In base a quanto risulta potrebbe essere necessario fare alcuni interventi preparatori quali ad esempio:

  • raschiare completamente la vecchia pittura, perché non adatta a ricevere una nuova finitura (nel caso delle pitture a tempera ad esempio);
  • stuccare fori, crepe, etc.;
  • Uniformare il fondo con una rasatura completa delle pareti.

Alessandro Mezzina

Architetto e autore di www.ristrutturazionepratica.it

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